“La natura è il medico delle malattie.
Il medico deve solo seguirne gli insegnamenti.”Ippocrate
Nella cultura orientale il corpo fisico è da sempre considerato in relazione ad un campo più sottile ed energetico, che tutto permea, e che lo avvolge come un secondo corpo. E’ questo corpo energetico ed invisibile che regola il sistema fisico ed è a sua volta strettamente influenzato dallo stato psichico/emotivo dell’individuo.
In oriente dunque la salute viene da sempre considerata nel complesso dei diversi sistemi che costituiscono l’essere umano. Corpo, mente ed emozioni lavorano in sinergia, influenzandosi a vicenda, in un complesso sistema di interazioni che rendono impossibile valutare uno senza coinvolgere l’altro.
La nostra medicina al contrario, tende a curare il sintomo in una sempre più accurata ricerca alla specializzazione, scordandosi la visione d’insieme. Non è strano da noi che un medico altamente specializzato non sia in grado di vedere “oltre il suo naso” inteso come il suo campo di competenza. Per questo ci ritroviamo spesso a venir “sballottati” da un medico all’altro, da un esame all’altro, sotto gli occhi impersonali di chi osserva il sintomo che stiamo manifestando o la cartella clinica scordando di guardare la persona che ha davanti.
Ma è sempre stato così?
Se diamo uno sguardo al passato alle origini della medicina troviamo che sia in Grecia che in Cina era frequente che i medici fossero al tempo stesso filosofi e viceversa, che filosofi e letterati avessero una forte cultura medica (come Aristotele).
La medicina greca aveva un approccio alla prevenzione e alla terapia chiamato diaita, ovvero “modo di vita”, o “regole di vita”, che introduceva l’idea di fondo di orientare la vita del paziente nella sua interezza e non semplicemente nel dare consigli limitati a periodi di malessere o convalescenza. Questo comportava l’intenzione di pianificare la vita, soprattutto alimentare, secondo il trascorrere dell’anno.
Questo approccio lo possiamo trovare in molte opere di Ippocrate, che accusava la vecchia medicina di limitarsi alla farmacologia e di non dire niente su quelle attività che hanno una forte influenza sulla salute: l’alimentazione, i bagni, gli esercizi per il corpo e per la mente, il sonno, l’attività sessuale. Ippocrate sosteneva l’idea che il corpo umano fosse animato da una forza vitale volta al costante riequilibrio delle disarmonie del corpo e che per questo la guarigione da una malattia andava ricercata nello stimolare questa forza vitale e non sostituirsi ad essa. Secondo questa concezione, sia la malattia che la salute di una persona dipendevano da circostanze insite nella persona stessa.
E’ famoso il detto di Ippocrate: “Prima di guarire qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare.”
Anche in Cina seguivano questo stesso approccio chiamato da loro yangshen, “nutrizione della vita”, che riguardava la salute dell’individuo durante tutto l’arco della vita e non come qualcosa a cui riferirsi nel caso di comparsa della malattia.
E’ noto il detto cinese che dice “il medico viene pagato solo se la persona che ha in cura non si ammala”.
I pilastri fondamentali della salute per i cinesi sono:
- il rispetto dei ritmi naturali, di cui il sonno svolge un ruolo centrale
- la gestione delle passioni tramite l’uso di tecniche di respirazione, meditazione e visualizzazione
- l’esercizio fisico sotto forma di movimenti che facilitano la circolazione dell’energia (il qi) sbloccandone i ristagni e gli accumuli. Questi esercizi venivano chiamati daoyin in epoca antica e più recentemente hanno dato vita a pratiche come il Qi Gong e il Tai Ji Quan
- l’alimentazione, secondo l’idea che noi siamo quello che mangiamo
- il controllo della sessualità, inteso nel suo equilibrio (e non come astinenza)
Le analogie nell’approccio medico sia in Grecia che in Cina non finiscono qua. Ritroviamo infatti che:
- per entrambi la capacità del medico di saper curare gli altri era strettamente collegata alla capacità della cura di sé
- le dinamiche dell’organismo umano venivano viste da entrambe le medicine in modo unitario, vedendo il proprio paziente come un individuo e cioè, come dice il nome, come un essere intero e “non divisibile”
- il cibo e l’attività fisica secondo i greci potevano alterare l’attività mentale ed emozionale, mentre secondo i cinesi modificano la circolazione dei liquidi e dell’energia (diversi nel concetto ma non nella sostanza)
- per entrambi, se la malattia era caratterizzata da un eccesso occorreva drenare, se da un deficit invece tonificare. Il drenaggio veniva fatto sia in Grecia che in Cina con l’utilizzo dello stesso strumento: le ventose, utilizzate ancora oggi nella medicina tradizionale cinese nella tecnica della coppettazione
- la scelta degli organi da trattare dipendeva dai sintomi, letti da un sistema di corrispondenze che in Grecia era quello dei 4 umori e in Cina dei 5 movimenti
Un’altra analogia forse inaspettata e interessante è l’utilizzo della meditazione come tecnica di vita.
La parola meditazione, che è presente nei testi di Epicuro e di altri filosofi greci antichi, deriva dal latino meditatio, che è la traduzione della parola greca meléte, che significa cura, attenzione, esercizio, collegata al verbo meletào, che significa “ho cura di“, “mi occupo di“, entrambi collegati al verbo mélo che significa “ho a cuore“, “mi prendo cura di“.
Per i greci antichi quindi meditare significava prendersi cura di sé, con l’obiettivo di liberare la mente dagli automatismi, dalla schiavitù delle passioni e incamminarsi lungo una via di saggezza tramite esercizi mentali e di respirazione di cui abbiamo testimonianze in tutto l’arco dell’antichità, da Socrate a Marco Aurelio.
Medicina e meditazione, quindi, partendo dalla stessa radice med, indicano la cura degli altri e la cura di sé, strettamente intrecciate, a Oriente come a Occidente.
Ma cos’è accaduto che ci ha portato oggi ad avere una visione medica e riguardo alla salute così diversa rispetto a quella antica?
Il nostro sistema medico attuale ha iniziato a nascere con la fine dell’antichità, nel V-VI secolo d.C, con la comparsa e l’influenza della Chiesa cattolica che ha portato una visione dualistica dell’essere umano, non più inteso come un insieme di sistemi sinergici, ma dove anima e corpo diventano invece elementi separati l’uno dall’altro. Quest’idea ha dato origine a una visione meccanicistica che ha portato a considerare il corpo come se fosse una macchina che la scienza aveva il compito di studiare, scomponendolo e analizzandolo secondo modelli matematici.
Oggi però la ricerca medico-scientifica occidentale ci sta riportando ad una visione olistica dell’essere umano, comprendendo com’è riduzionista separare i sistemi dell’organismo.
La nuove scoperte ci dicono infatti che i sistemi psichici e biologici si condizionano reciprocamente. I sistemi di regolazione del nostro organismo, il nervoso, l’endocrino, l’immunitario e la psiche, lavorano ognuno in maniera autonoma e allo stesso tempo in una integrazione reciproca al fine di garantire l’unità dell’organismo e quindi la sua stessa esistenza.
Siamo giunti dunque ad una nuova fase dove più che mai è richiesta un’integrazione, per raggiungere e poter mantenere uno stato di salute a 360°, nel corpo e nella mente. Integrazione fra i sistemi del corpo, tra la visione d’insieme e la specializzazione, tra oriente ed occidente.
Perché, come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948, “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità.”
Studentessa e insegnante di yoga e meditazione, curiosa esploratrice e instancabile viaggiatrice.