Esistono oggi differenti stili di yoga, alcuni con approcci più dinamici, altri più statici e meditativi. Dal mio punto di vista non credo esista uno stile migliore dall’altro. Lo yoga resta uno strumento e come tale deve adattarsi all’individuo, mai viceversa!

Se vogliamo dare uno sguardo ai differenti stili da un punto di vista energetico, potremmo classificarli in approcci che possono essere più Yin o più Yang.

I due termini, accompagnati dal famoso simbolo, affondano le loro radici nel mondo antico cinese. Secondo questa filosofia, l’intera creazione, noi compresi, trova le sue fondamenta nei due poli e in tutte le loro sfumature. Yin e yang rappresentano la dualità, intesa come due forze opposte alla base del tutto che si completano e armonizzano tra loro per portare equilibrio. Il bianco e il nero sono entrambi necessari e non potrebbe esistere l’uno senza l’altro. Solo nel buio più profondo risplende di tutta la sua luce il lume d’una candela!

Lo yang rappresenta il polo positivo, energico, caldo, dinamico e legato all’azione. Lo yin è il polo negativo, passivo, freddo, introspettivo e legato all’ascolto. 

La rappresentazione proposta è riduttiva rispetto a un concetto estremamente vasto e complesso, molto affascinante, che invito ad approfondire.

Questa premessa è però fondamentale per introdurre uno stile di yoga che ha acquisito particolare fama negli ultimi anni: lo yin yoga.

Opposto a uno stile yang, quindi dinamico e attivo che coinvolge maggiormente la muscolatura, lo yin si presenta con un approccio passivo alle posizioni, le quali vengono mantenute a lungo, almeno tre minuti, tempo minimo valutato per agire più profondamente sul sistema connettivo. È su questo sistema, infatti, che lo yin ottiene i maggiori benefici. Tendini, legamenti e fascia, per loro struttura, risultano meno elastici, ma più plastici. Richiedono dunque più tempo per potersi modificare ma al contempo mantengono la forma acquisita in maniera duratura.

I muscoli risultano invece elastici, tendono ad allungarsi e a ritornare velocemente allo stato primario. Avere muscoli forti e flessibili è ciò che ci garantisce non solo articolazioni sane e protette, ma anche una risposta resiliente ai bisogni che le diverse situazioni della vita ci richiedono.

Tuttavia è bene ricordare che muscoli e fascia sono inscindibili e strettamente collegati. Il muscolo non solo viene avvolto da questa struttura ma è connesso e prosegue in tutto ciò che lo circonda. Se vogliamo guadagnare in flessibilità è dunque importante lavorare in maniera complessiva, tenendo presente la natura più plastica di questi altri sistemi.

Lo yin yoga grazie al suo approccio passivo nelle posizioni, agisce più in profondità proprio sul sistema fasciale e sulle articolazioni, creando spazio in esse e donando grande flessibilità anche ai nostri muscoli.

Come lo fa?

  • le posizioni vengono mantenute a lungo, almeno tre minuti
  • vengono presi in considerazione i tracciati della fascia (meridiani miofasciali) e non la singola sezione del corpo
  • i muscoli non vengono coinvolti attivamente
  • si guida la respirazione nel corpo, permettendo al respiro stesso di accompagnarci sempre più in profondità nella posizione, senza forzatura

Lo yin lavora con posizioni che prendono in considerazione la continuità dei tracciati, mantenendole a lungo. Il risultato è un lavoro che potremmo vedere come integrato e olistico. È per seguire e contattare più facilmente i meridiani miofasciali che spesso le posizioni vengono tenute con la schiena curva. Al contrario di un qualunque altro stile di yoga, infatti, ti sentirai dire, mentre ti pieghi in avanti: avvicina il mento al petto e scendi con la testa verso le gambe. Grazie a questa attivazione o, meglio dire, non attivazione, i muscoli non vengono coinvolti, se non indirettamente. 

L’effetto sarà quello di sentirsi “tirare” dalla testa fino alle dita dei piedi! Agendo su tutto il meridiano, molto facilmente ognuno di noi noterà una tensione in un’area diversa, indice che quella zona è quella che per noi è più rigida. In ogni caso, rilasciando e lavorando su tutta la catena, stiamo ottenendo un beneficio completo, che si riverserà in ogni area.

Il praticante yin scopre presto che le stesse posizioni, se mantenute con attivazione muscolare o senza, risultano molto diverse. L’attivazione, infatti, richiama sangue e calore. Questo è ciò che ci permette di entrare nelle posizioni più facilmente. Ci basta notare come cambia la nostra flessibilità se pratichiamo in un luogo molto caldo o freddo. Nel secondo caso tendiamo a sentirci più rigidi. Questo accade anche se la nostra pratica la facciamo la mattina o la sera. Chi pratica a fine giornata si sentirà entrare nelle posizioni più facilmente, perché il corpo è caldo e c’è maggiore afflusso di sangue ai muscoli che sono già stati attivati dalle azioni compiute dalla nostra attività quotidiana.

Proprio per queste ragioni, per ottenere i massimi benefici fisici dalla pratica yin, è preferibile farla la mattina: con meno afflusso sanguigno sarà più facile e diretto il lavoro sulla fascia. Ricordiamo che se non sento una rigidità quando mi muovo a corpo caldo, non significa che questa non c’è! È lo stesso concetto del movimento di un’articolazione o arto dolorante. Capita spesso che se il muscolo è freddo il movimento ci risulta doloroso. Quando invece cominciamo a muoverci e lo scaldiamo non sentiamo più il fastidio. Per poi sentirlo ripresentarsi magari durante la notte. Non sentire la rigidità o il fastidio non significa che non esiste la problematica, solo che in questo momento non la stiamo più notando.

Per questa ragione, integrare la pratica yin e quella yang diventa quasi fondamentale per poterci garantire una salute integrata.

Yin yoga: benefici tra corpo e mente 

Lo yin yoga non è amato solo per i suoi risultati benefici sul corpo, ma anche sulla mente e sullo stato psichico ed emozionale. Questi effetti sono ancora più immediati e subito riscontrabili dal praticante.

Quali sono i più comuni?

  • diminuiscono ansia e stress
  • migliora il sonno
  • si ottiene calma mentale e quiete
  • ci si sente da subito profondamente rilassati 
  • le tensioni emozionali vengono rilasciate 

Ne parlo in maniera più approfondita in questo video:

Questa pratica si può considerare a tutti gli effetti come una meditazione che mette in collegamento corpo e mente, agendo su entrambi i livelli con azione distensiva e rilassante.

Lo stile di vita dell’uomo occidentale tende a essere sempre più stressante, spinto alla prestazione e all’azione, sempre più yang. Da un punto di vista energetico, continuare a spingerci sempre più in direzione yang, scegliendo tutte quelle attività che alimentano questa energia, senza compensare e dare abbastanza spazio all’energia yin, necessaria per il recupero, ci porta a lungo andare a esaurire il nostro sistema. L’energia yang l’abbiamo già associata al calore e al fuoco. Ma cosa fa un fuoco lasciato ardere senza il controllo dell’acqua? Ci brucerà la casa e infatti, come determina un eccesso di energia yang nel corpo, aumenta il nostro livello di stress, estremamente debilitante se protratto nel tempo, andando a creare e alimentare stati infiammatori.

Tutti gli stili di yoga prevedono un momento di integrazione e rilassamento finale, chiamato savasana. Dovrebbe essere un momento dedicato alla presa di coscienza del proprio corpo nella sua interezza, un momento di ascolto profondo. Capita spesso in questa posizione che ci si addormenti, non appena al corpo viene data occasione semplicemente per stare senza fare “niente” entra subito in riposo, approfittando per rigenerarsi!

Il riposo è fondamentale per la rigenerazione e regolazione a livelli profondi del nostro sistema. Tuttavia, è sempre più comune soffrire di disturbi del sonno. Questo si riflette di conseguenza sul nostro asse dello stress, alimentando un circolo vizioso che è necessario interrompere. Come insisto nel ricordare agli allievi: il riposo è parte attiva e integrante della pratica yoga!

Lo yin yoga, con il suo approccio alle posizioni mantenute a lungo, grazie alla respirazione profonda e agendo sui meridiani fasciali nella loro interezza, stimola la distensione agendo sul nostro sistema nervoso parasimpatico e il nervo vago, con conseguenti effetti benefici sul sistema di regolazione nel nostro organismo. È fondamentale per la nostra salute un equilibrio tra sistema nervoso ortosimpatico (yang) e parasimpatico (yin). In particolare si è visto che praticare lo yin yoga la sera aiuta a dormire meglio, con maggiori effetti benefici sull’asse dello stress. 

Il tessuto connettivo, di cui la fascia, ha substrato recettoriale maggiore rispetto ai muscoli. Questa può essere una delle ragioni per cui, quando contattiamo il nostro sistema fasciale attraverso la manipolazione o il movimento, stiamo comunicando in via più diretta con il sistema nervoso. E spiega perché una pratica come lo yin yoga ci porta più in connessione con noi stessi, consapevoli delle nostre sensazioni ed emozioni. Lo yin aiuta lo sviluppo dell’interocezione, ovvero la capacità di sentire e divenire consapevoli di sè. Confrontandosi tra praticanti di questo stile di yoga, inoltre, è comune che accadano dei rilasci emozionali durante il mantenimento di una posizione. Così come si può facilmente notare come ogni giorno il corpo sia diverso, a volte più rigido ed altri più flessibile. Interrogandosi un po’, potremmo notare che questo riflette lo stato emozionale che stiamo vivendo. La stessa esperienza capita ai terapisti manuali, che andando a smuovere o sciogliere delle rigidità creino nel paziente un conseguente rilascio emotivo. Si potrebbe affermare che le emozioni risiedono letteralmente nel corpo e che possano venir contattate in maniera più diretta di quel che saremmo portati a pensare. Ci basta riflettere sull’effetto che una forte emozione scatena nel corpo stesso, come tremori, tachicardia, aumento di sudorazione o altro. La prossima volta che sentirai qualcosa, prova a chiederti: “Dove la sto sentendo fisicamente?”. Quando proviamo un’emozione, se ci portiamo attenzione, potremmo sempre riuscire a ubicarla in una zona fisica specifica. Spesso, quando ci sono gravi traumi emotivi, si sviluppa una conseguente forma di dissociazione dal corpo, una forma di difesa inconscia, una sorta di arma di sopravvivenza per non dover più sentire quel dolore letteralmente fisico e troppo intenso.

Il corpo e le emozioni sono strettamente connessi e potremmo vedere la fascia come uno dei ponti di comunicazione diretta e di stimolo del nostro sistema nervoso. Creare una relazione di ascolto profondo interiore, imparando una comunicazione sana con il nostro corpo e le nostre emozioni, attraverso una pratica come lo yin yoga, che mette in comunicazione corpo e mente, è fondamentale per mantenere nella nostra quotidianità salute ed equilibrio. È grazie a questo ascolto che sapremo riconoscere i nostri bisogni e come soddisfarli. In questa visione, i trattamenti manuali sul corpo sono consigliati non solo come supporto in caso di necessità, ma anche come mantenimento dell’equilibrio e, quindi, come prevenzione. Ricordo che la manipolazione da parte di un terapista permette di portare sostanze nutritive ai tessuti, di rimuovere i prodotti di scarto infiammatori, di rilasciare contratture aiutando la mobilità e l’elasticità dei tessuti, di agire sul sistema nervoso autonomo ribilanciandolo e favorendo i meccanismi dell’attività anti-infiammatoria discendente (nervo vago) e agendo sul potenziamento del sistema immunitario, stimolando la produzione di leucociti, i nostri globuli bianchi.

Ancora una volta lavoro attivo e passivo si presentano come una via di integrazione alla salute e al benessere completo e integrato.


Lo stile ideale per il momento ideale

Ma quindi lo yin yoga è lo stile ideale?! Come premesso all’inizio del capitolo, non esiste uno stile migliore dell’altro, né un metodo o risposta ideale per tutti. Una delle cose che amo di più del fatto che esistano oggi così tanti stili e insegnanti di yoga, è che ci offre più occasioni per incontrare quello che sentiamo più giusto per noi… in questo momento! Non tutte le fasi della vita sono uguali, nemmeno le giornate lo sono. Per questa ragione è importante sapersi ascoltare e fare una valutazione sincera di quello di cui potremmo avere più bisogno in ogni momento. 

Sicuramente il consiglio è di ricercare un giusto equilibrio tra i diversi approcci, in maniera che sia lo yin che lo yang trovino i giusti stimoli nella nostra vita. Questo ci permetterà di aumentare in noi la capacità di adattamento alle singole situazioni e ai cambiamenti, che tradotto nel corpo significa una buona capacità allostatica. 

Il giusto equilibrio si trova anche nel sapere quanto assecondare un bisogno e quanto invece quella necessità che sentiamo non è realmente benefica per noi. Facciamo un esempio. Se sono un tipo di persona molto dinamica, sportiva, attiva, sempre in movimento, molto facilmente avrò una naturale predisposizione per uno stile dinamico, yang, attivo. Ma questo è quello di cui avrei più bisogno? Probabilmente no! Se nella nostra vita c’è già tanto dinamismo e il nostro corpo subisce già stimoli stressanti, lo stile yin sarebbe quello che potrebbe portarci più benefici, nonostante il pensiero potrebbe essere “Ma è noioso” (è facile pensarla così quando non si riesce a stare fermi!).

Viceversa, se sono una persona pigra, lenta e che tende a prendere la vita con molta calma, assecondando molto se stessa, è facile che uno stile passivo e di ascolto piaccia di più. Ancora una volta è giusto chiedersi: “È quello di cui ho più bisogno?

Sicuramente la nostra società è tendenzialmente più yang e avrebbe bisogno di compensare con l’ascolto e la lentezza, dobbiamo ricordarci cosa significa stare fermi! Ma ognuno di noi è un individuo a sé stante, con le sue predisposizioni innate, la sua età (anche questa incide molto!) e la fase della vita. Proprio perché emozioni e corpo sono così connessi, lo stile di yoga può rispondere in aiuto e sostegno alle diverse fasi della vita. Se sono molto stressato, soffro d’ansia e di disturbi del sonno, sicuramente prediligo uno stile più di ascolto e passivo. Se invece mi trovo in una fase dove si presentano delle sfide, devo trovare motivazione, forza ed entusiasmo, uno stile yang mi corre in aiuto!

Alla base della scelta ci sono sempre ascolto ed equilibrio. Godiamoci il percorso e ricordiamoci: il viaggio è già la meta. 

Namastè,

Michela

 

 

Michela Aldeghi – ideatrice di vivoYOGA e E.Motion Artist, artista delle emozioni e dell’energia in movimento.
Studentessa e insegnante di yoga e meditazione, curiosa esploratrice e instancabile viaggiatrice.

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Se esistesse una top ten delle domande che mi sento fare più spesso dagli allievi, il primo posto andrebbe senz’altro a: “Quale tappetino yoga mi consigli?”

Per poter praticare yoga non abbiamo bisogno di molto: ci bastano un abbigliamento adeguato, un supporto (il tappetino yoga) e magari qualche attrezzo di sostegno, che ci possa aiutare nel facilitare, o intensificare a seconda dell’utilizzo, le posture dello yoga.

In questo articolo rispondo quindi alla domanda: “Come scegliere il tappetino yoga?”

Esistono oggi moltissimi materassini yoga, tanti che non si sa quale scegliere! Sia che tu sia un principiante, sia che tu sia un praticante avanzato, la scelta potrebbe metterti in difficoltà. È molto comune andare nel negozio sportivo dietro casa, oppure sceglierne uno dei tanti disponibili online, magari su amazon.

Se non c’è qualcuno che ti sappia consigliare o se non sai qual è il più adatto a te, esiste il rischio di portarsi a casa qualcosa che non risponda alle tue necessità. Vale a dire: soldi buttati! Magari il tappetino inizia a sgretolarsi nel giro di poco, ti fa scivolare, oppure scopri di averlo comprato troppo basso e ti fa male alle ginocchia, oppure troppo alto e non ti senti stabile nelle posizioni in equilibrio.

Iniziamo da questo presupposto: non esiste il tappetino ideale per tutti. Esiste quello che risponde ai tuoi bisogni.

Per scoprire quali sono le tue necessità e quindi come valutare il tappetino più adatto a te, rispondi a queste domande:

  • quale stile di yoga pratico?
  • quante volte pratico durante la settimana?
  • ho appena iniziato o sto praticando già da un pò di tempo e con costanza?
  • quanto sono disposto a spendere?

A seconda delle risposta che ti sei dato, ti consiglierei senz’altro tappetini yoga diversi. Andiamo a fare una valutazione considerando le domande sopra. Ti mostrerò i tappetini yoga che valuto più validi a seconda dei tuoi bisogni e quale tappetini, dal mio punto di vista, sono degli ottimi compromessi per portarsi a casa alta qualità e versatilità al miglior prezzo!

Le caratteristiche fondamentali che teniamo presente per scegliere il tappetino sono:

  1. aderenza del materiale
  2. altezza del tappetino
  3. qualità (aspettativa di vita) vs prezzo

 


Il tappetino yoga adatto al tuo stile

Pratichi uno stile dinamico oppure uno più statico o di abbandono? Fa una grande differenza rispetto al tappetino di yoga più adatto a te!

ADERENZA

Se pratichi uno stile di yoga più statico, magari un hatha yoga classico oppure uno yin yoga, non avrai bisogno di grande aderenza. Invece potrebbe essere più utile un tappetino morbido, che ti faccia sentire comodo anche in quelle posizioni dove dobbiamo stare in appoggio sulle ginocchia (per esempio). Negli stili più statici le posizioni vengono mantenute a lungo, consiglio di preferire la comodità all’aderenza.

Se non abbiamo bisogno di grane aderenza possiamo scegliere il materiale e l’altezza che più ci piacciono e che ci fanno sentire più a nostro agio. Esistendo così tanti tipi di tappetini, ognuno ne predilige uno rispetto che un altro. Personalmente, quando pratico uno yoga statico utilizzo un tappetino fatto di un materiale stile “velluto”. Come questi di ReYoga: ENERGY

Come vedrai leggendo la descrizione, questi tappetini vengono consigliati in caso di stili dinamici, ovvero quando si suda, perché il materiale di cui sono fatti li rende super aderenti SE bagnati. Altrimenti, al contrario, sono molto morbidi e scivolosi.

PRO: a parte essere una super coccola, visto che sono molto morbidi, sono una ottima via di mezzo tra una pratica statica e dinamica. Se restiamo nella posizione in forma statica ci permette di entrare più in profondità negli asana, proprio grazie al fatto che “scivoliamo”. Se invece iniziamo a sudare in movimenti più dinamici, come ad esempio nella pratica dei saluti al sole, iniziano a creare grande aderenza, donandoci stabilità sugli appoggi, ma rimanendo morbidi ed accoglienti. Un altro pro?! Questo materiale permette di poter stampare grafiche su tutta la superficie, per questo se ne trovano di bellissimi e di tutti i colori.

CONTRO: sono molto pesanti e quindi non adatti da portare in giro, meglio per la pratica a casa. Se si cerca aderenza subito e non sudiamo facilmente risultano molto scivolosi, quindi non consigliabili!


Se pratichi uno stile dinamico, è molto più probabile che tendi a sudare maggiormente, quindi potresti avere bisogno di maggiore aderenza per poter passare da una posizione all’altra trovando nel tuo supporto la stabilità che stai ricercando. Esistono stili di yoga dove si suda molto e dove ci si mette alla prova con posizioni avanzate, magari a testa in giù, in equilibrio su mani e braccia. In questo caso, avere un tappetino yoga che ti sostenga e non ti faccia scivolare può fare una grande differenza! Se stai cercando un tappetino yoga che risponda a queste necessità, questo della Liforme è senz’altro il più famoso (anche il più caro!) e probabilmente il primo brand a utilizzare questo materiale che garantisce aderenza perfetta.

Liforme Tappetino Yoga 

PRO: un’aderenza così è difficile trovarla in altri tappetini! Inoltre il disegno stampato sono in realtà indicatori di allineamento che possono aiutarti nella pratica.
CONTRO: sono anche questi tappetini abbastanza pesanti e quindi non comodi da portare in giro. Proprio per la grande aderenza non sono adatti ad una pratica che richiede invece lo scivolamento. Quindi anche nelle posizioni statiche o in alcune transizioni, a volte si rimane “appiccicati” al tappetino che ci impedisce di entrare più in profondità. Un altro contro è senz’altro il prezzo, uno dei più cari sul mercato!


Un tappetino che invece considero un OTTIMO rapporto qualità-prezzo, che ha grande aderenza ma che dal mio punto di vista può essere utilizzato anche per pratiche più statiche perché è di un materiale molto morbido e accogliente, è questo di REYOGA: Element Grow

PRO: ottima aderenza, molto leggero e quindi ideale da portare in giro, personalizzabile 🙂 e versatile. Lo trovo adatto anche alle pratiche più statiche. Il materiale è morbido e accogliente.

CONTRO: se stai cercando un tappetino che ti permetta di scivolare, questo non è quello più adatto perché ha comunque un grande grip.


Un tappetino che considero ideale per il suo ottimo bilanciamento tra grip (aderenza fenomenale!) e libertà di movimento (nonostante il grip dona molta libertà nello scivolamento da una posizione all’altra), è questo di ARTLETICA. Essendo dotato di un cuscinetto morbido lo trovo adatto anche alle pratiche più statiche. 

PRO: ottima aderenza ma anche libertà di movimento per le pratiche più fluide. Ideale sia per pratiche dinamiche intense, come il vinyasa, ma anche per le pratiche più statiche dove abbiamo bisogno di sostegno e un appoggio morbido ad esempio per le ginocchia. Un altro PRO non indifferente sono le stampe colorate e molto belle!

CONTRO: non è di quelli più leggeri, quindi se stai cercando un tappetino da viaggio o da portarti in giro da ufficio al tuo studio yoga, non te lo consiglierei. Inoltre il materiale di cui è fatto lo rende un poco ruvido e, a seconda dei gusti personali, potrebbe risultare poco “coccoloso” 🙂

 

ALTEZZA

Anche l’altezza del tappetino può fare una grande differenza per la nostra pratica! Solitamente quasi tutte le marche e i tappetini si trovano in due altezze. Una volta che hai scelto il materiale ideale per il tuo stile, scegli l’altezza giusta per te.

Per scegliere l’altezza ideale bisogna considerare soprattutto il tipo di posizioni che si fanno più di frequente: stai più a terra o in piedi? Nelle posizioni in piedi abbiamo bisogno di stabilità e questa caratteristica ce la danno i tappetini più bassi (3-4 mm al massimo). I tappetini più alti e morbidi (6 mm) sono ideali per le posizioni a terra, perché sono più comodi per l’appoggio delle ginocchia e creano maggiore isolamento con il pavimento (ci viene meno freddo mentre pratichiamo).

Questo di ARTLETICA è di 5mm, un ottimo compromesso sia per ottenere stabilità nelle posizioni in piedi che morbidezza in quelle statiche!

Il tappetino yoga adatto al tuo livello e frequenza della pratica

Un altro fattore da considerare quando si acquista un tappetino è l’aspettativa di vita del materiale in relazione al prezzo. Questo si valuta prendendo in considerazione la frequenza della pratica e quanto si è seri riguardo allo yoga.

Quando si ha appena iniziato con qualcosa di nuovo, vale la pena fare un investimento in termini economici meno importante, acquistando un tappetino “base”, adatto un pò a tutto, che ci permetta così di sperimentare la pratica. Agli inizi consiglio infatti di provare più stili di yoga, fino a trovare quello più adatto a noi. È il momento in cui capiamo quanto ci piace lo yoga, quanto tempo ci piacerebbe dedicargli e quale stile approfondire.

Solitamente, nel giro di qualche mese o un anno, saranno già chiare le risposte. E questo ci permetterò anche di capire su quale tappetino varrà la pena investire. Se scegliamo di mantenere una frequenza di un’ora alla settimana, potremmo non avere bisogno di investire in un tappetino di grande qualità. Anche uno base ma buono, sarà più che sufficiente. Se invece la nostra pratica inizia a diventare più costante e frequente, i tappetini base iniziano a non essere più abbastanza. Presto li vedremo sgretolarsi e allora vale la pena investire su un materiale di qualità maggiore ma che duri di più nel tempo.

I tappetini che consiglio quando iniziamo la nostra pratica agli inizi sono senz’altro questi di REYOGA:

FREE Light – 3mm
FREE Soft – 6 mm

Come vedi, lo stesso tappetino è disponibile in due altezze diverse. Come già descritto prima riguardo a come scegliere l’altezza, fai una valutazione del tipo di lavoro che andrai a fare e il tuo grado di flessibilità.

L’altezza più bassa è adatta agli stili più dinamici e alle persone più flessibili.

Prediligi l’altezza più alta se invece starai spesso a terra, facendo lavori di allungamento, e se sei molto rigido.

Conclusioni

Il consiglio, durante la ricerca, è di leggere le recensioni di chi l’ha già acquistato (se lo stai scegliendo online). Leggi di quali caratteristiche parlano, non solo se gli danno 1 o 5 stelle. Perché l’opinione di ognuno riflette se le sue necessità sono state esaudite. E le sue non necessariamente sono le stesse tue! Quindi leggi i commenti e vedi se ti ritrovi con quello che scrivono prima di acquistare.

Se invece acquisti in negozio puoi farti consigliare dal commesso e toccare tu stesso il materiale, facendo già una tua valutazione diretta 🙂

QUALI CONSIGLIO AI MIEI ALLIEVI?

Raccolgo spesso feedback dai miei allievi rispetto ai tappetini che hanno scelto e alla loro esperienza. È sulla base soprattutto delle loro risposte che consiglio questi tappetini di ReYoga. I migliori in termini di rapporto qualità, prezzo e versatilità:

Se sei un praticante più esperto: Element Grow
Se sei agli inizi: FREE Light – 3mm

E tu quale tappetino usi?
Fammi sapere la tua esperienza 🙂

Namasté

 


Michela Aldeghi – ideatrice di vivoYOGA e E.Motion Artist, artista delle emozioni e dell’energia in movimento.
Studentessa e insegnante di yoga e meditazione, curiosa esploratrice e instancabile viaggiatrice.

 vivo YOGA
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Quando siamo sul nostro tappetino yoga ed eseguiamo le nostre asana, spesso la nostra attenzione si sposta sul tentativo di ricreare attraverso il nostro corpo l’immagine della posizione che vogliamo fare.

Cosa voglio dire con questo?

Se ad esempio l’asana su cui sto lavorando è pashimottanasana (la pinza) e quindi la mia intenzione è quella di allungarmi in avanti sulle mie gambe stese, appena mi approccio alla posizione cercherò di portare subito la fronte alle gambe. Perché l’ho visto fare dal mio insegnante, perché l’ho visto su instagram, perché il compagno di tappetino fa così, ecc.

Nella mia testa ho l’immagine della posizione “finale” ed il mio obiettivo è quello di riprodurre quell’immagine.

Ma questo è fare yoga?

In realtà, quello che ho potuto scoprire io stessa con la mia pratica, è che se mi concentro sull’immagine che voglio riprodurre sto “scavalcando”, perdendomi i benefici della posizione, il viaggio di scoperta che invece l’asana stessa è in grado di farmi vivere.

Sempre per tornare all’esempio iniziale, se sto lavorando sulla posizione della pinza e voglio piegarmi in avanti, il mio obiettivo non dovrebbe essere quello di portarmi la fronte alle gambe, ma riscoprire maggiore flessibilità, estensione, apertura e quindi libertà in tutta la parte posteriore del mio corpo. Che io sia con la testa che arriva addirittura oltre le mie ginocchia o che io sia nella variante più semplificata con le gambe piegate e un supporto sotto il bacino, il risultato ed i benefici che quell’asana mi sta donando non cambiano.

Qualunque variante della posizione, è già la posizione!

Quando il mio approccio all’esecuzione alle asana è cambiato, ed ho iniziato a vivere la pratica con la curiosità di scoprire quello che ogni posizione poteva insegnarmi, l’intero rapporto con lo yoga, il mio corpo e in generale con me stessa, si è completamente trasformato.

Sono passata dal fare una performance sul tappetino, volendo dimostrare chissà cosa, a scoprire e vivere un viaggio di scoperta e ascolto di me stessa e del mio corpo che ha reso la mia pratica ricca di significato. Ho scoperto infatti nel mio corpo uno strumento potente, un incredibile maestro e veicolo di consapevolezza, a molteplici livelli.

Che cosa ho iniziato ad imparare grazie a questo nuovo approccio?

Innanzitutto che il corpo è diverso ogni giorno, ogni momento. Ieri arrivavo con la fronte alle ginocchia, oggi sono più bloccato alla zona del bacino, oppure più corto a livello di muscoli delle gambe, o ancora più contratto alla zona cervicale. Tutte ragioni per cui il mio allungamento ne risente. Questo cambia qualcosa nella mia pratica?

Sì, perché prenderò accorgimenti nell’esecuzione delle mie posizioni che rispettino la situazione attuale, proteggendomi così anche da eventuali infortuni.

No, perché i benefici che ottengo sono esattamente gli stessi! E anzi, la mia asana mio aiuterà nello sblocco di quelle parti in tensione.

Quando invece sto vivendo ancora la mia pratica yoga come una performance cosa accade?

Che non accetto il fatto che il mio corpo sia diverso e lo forzerò ad ottenere lo stesso risultato del giorno precedente, rischiando anche un infortunio, vivendo ad un livello emotivo la frustrazione e non riuscendo a guidare bene il respiro nel corpo – cosa che mi causerà più tensione che benefici.

La cosa interessante è che, imparando ad ascoltarsi, ci possiamo anche accorgere che le ragioni per cui il corpo è sempre diverso possono dipendere da motivazioni differenti.

A volte il cambiamento è una diretta conseguenza di qualcosa che ho fatto con il corpo. Ad esempio, se il giorno prima ho camminato tutto il giorno in montagna, è normale che poi abbia i muscoli un pò più corti.

Altre volte il cambiamento del corpo dipende da fattori emotivi e mentali. Ad esempio, se siamo in tensioni per qualcosa che ci sta preoccupando, molto facilmente non sto riuscendo a guidare bene il respiro nel petto, l’area del torace sarà più chiusa con conseguente maggiore tensione all’area cervicale.

E’ interessante poter ascoltare il nostro corpo e scoprire come lui ci sta sempre dando una visione chiara e realistica di ciò che sta accadendo nel nostro mondo interiore. Interrogandoci e scoprendoci attraverso le asana abbiamo la possibilità di imparare a conoscerci e poter quindi poi aiutare noi stessi con quegli accorgimenti che ci permetteranno di lavorare ad un livello più profondo rispetto al solo involucro fisico.

La pratica fisica dello yoga diventa così un vero e proprio viaggio di scoperta di noi stessi.

Che altro è cambiato nella mia pratica grazie a questo nuovo approccio?

Incredibilmente (ma in realtà non c’è da stupirsi) ho iniziato ad avere accesso a posizioni che avevo sempre considerato impossibili per me. Improvvisamente il corpo ha iniziato ad aprirsi più facilmente e velocemente, diventando più flessibile, morbido e forte. Senza stare a desiderare di arrivare da nessuna parte, ma concentrandomi invece sui bisogni del mio corpo e donando lui quello di cui aveva bisogno, lui mi ha ripagata rendendo possibile l’impossibile.

L’importante è – ovunque io sia lungo il mio percorso – godermi il percorso. Perché la meta è il viaggio stesso.
Buonissima pratica.

Namastè

 

Michela Aldeghi – ideatrice di vivoYOGA e E.Motion Artist, artista delle emozioni e dell’energia in movimento.
Studentessa e insegnante di yoga e meditazione, curiosa esploratrice e instancabile viaggiatrice.

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La pratica yoga è un viaggio personale e soggettivo. Potrebbe essere vissuto come uno stretching, ma molto facilmente, quanto più si pratica, quanto più lo yoga inizia a trasformarti. Cambia il corpo, la postura, ma ad un certo punto inizia a cambiare anche lo stato interiore, emotivo e mentale.

Lo yoga inizia così a prendere più spazio nella nostra vita, uscendo anche dai nostri tappetini e portandoci a cambiare la nostra routine, spingendoci a fare scelte diverse per noi stessi, la nostra salute e il nostro benessere.

Quanto più si pratica, quanto più i benefici aumentano, quanto più non se ne può fare a meno! Diventa così un desiderio spontaneo quello di iniziare a portare lo yoga a casa nostra, oltre che ai corsi.

In questo articolo voglio condividere con voi alcuni consigli per la vostra pratica da casa, in maniera da poter ottenere i massimi benefici anche da “auto-didatti” 🙂

Consigli per la tua pratica da casa

  • Evita di mangiare prima della pratica, sarebbe meglio che tu fossi totalmente a digiuno. Nel caso in cui non ti fosse possibile, scegli di mangiare qualcosa che sia facilmente digeribile, energetico e leggero. Ad esempio un frutto come la mela o della frutta secca.
  • Evita di bere subito prima o durante la tua pratica.
  • Se ti è possibile, scegli un luogo e momento della giornata in cui è fattibile per te togliere o limitare al massimo elementi di disturbo (come ad esempio poter spegnere o silenziare il tuo telefono).
  • Se ti è possibile, scegli di praticare quanto più spesso nello stesso luogo, meglio se dedicato solo a te e ai tuoi momenti per te stesso. Lì si creerà uno spazio speciale – il tuo! – che a lungo andare sarà in grado di donarti energia positiva e benessere anche nei momenti in cui ne avrai più bisogno.
  • Rendi il tuo spazio sacro, semplicemente dedicandogli alcune attenzioni particolari. Se ti piace, scegli di accendere un incenso prima della pratica o un diffusore di essenze. Puoi informarti sull’aroma più adatto per quella particolare giornata o momento della tua vita. Potresti anche mettere un fiore sul tuo tappetino, come un’offerta di ringraziamento alla vita, una statua o l’immagine di un Maestro a cui ti ispiri. Della musica – se ti fa piacere – e accendere una candela. È il tuo spazio, “decoralo” con i colori e profumi che più ti fanno sentire bene e a casa.
  • Ricordati sempre di dedicare del tempo a Savasana – la posizione finale di rilassamento – anche se sei di corsa! Questa posizione è fondamentale per lasciare che corpo e mente integrino dentro di sé tutto il lavoro fatto prima.
  • Ricordati sempre che l’obiettivo della tua pratica dovrebbe essere quella di avere maggiore consapevolezza di te stesso e del tuo corpo e di giungere alla fine sentendoti bene e integrato con corpo e mente.

Due parole sulle sequenze che sceglierai di praticare

Una delle difficoltà maggiori quando si decide di praticare da soli riguarda la scelta delle asana da praticare ma soprattutto, in quale sequenza?

Un professionista è tale in quanto ha seguito una formazione che l’ha portato a saper costruire delle sequenze che possano creare integrazione in corpo e mente. Quando si lavora con le asana e la respirazione, è infatti importante saper compensare sempre il lavoro profondo che stiamo eseguendo. Per questo è importante come auto-didatti rifarsi alle indicazioni di un esperto.

Sequenze pronte le puoi facilmente trovare sui libri di yoga, ma il mio consiglio è quello di affidarsi alla guida dei video. Il beneficio più grande dei video infatti, è quello di avere una voce che ti guida e conduce, così la tua mente ha il permesso per spegnersi e godere invece al massimo di tutti i benefici della pratica!

Questo consiglio lo considero valido per ogni studente (anche per chi è già insegnante!). Io per prima durante la pratica a casa mi faccio guidare da video online di professionisti che stimo. La mia mente così ha il permesso per spegnersi ed io posso dedicarmi completamente alla respirazione e all’ascolto del corpo, entrando più profondamente nella mia pratica.

Diverso sarebbe se devo costruirmi io le mie sequenze, passerei la mia pratica ad un livello sempre razionale, perché avrò sempre bisogno che la mia mente resti attiva e dinamica nel ricordare quale asana inserire dopo.

Ce ne sono diversi gratuiti (alcuni li trovi anche sul canale youtube di vivoyoga), meglio se sono completi di rilassamento finale guidato e introspezione con attenzione alla respirazione.

Riassumendo, perché fare pratica con i video?

  • Hai una guida che ti accompagna e che pratica con te dove e quando vuoi
  • Le sequenze create dai professionisti sono studiate apposta per aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi e per creare integrazione tra corpo e mente
  • Praticare con una voce che ti accompagna aiuta a darti motivazione ed entusiasmo
  • Puoi mantenere in maniera più facile la tua pratica costante
  • Puoi interrompere il video quando vuoi per:
    – prenderti tutto il tempo per provare la posizione
    – tornare indietro e ripetere degli esercizi o sequenze che ti sono piaciuti
    – ripetere le sequenze tutte le volte che vuoi
    – personalizzare la tua pratica alternando le lezioni dei diversi corsi
    – far durare il tuo savasana tutto il tempo che desideri

Eccezioni 

Ci sono delle eccezioni ovviamente e anche tra gli insegnanti c’è chi preferisce “auto-condursi” la propria pratica. Da questo punto di vista trovo che lo stile yoga ‘Ashtanga Vinyasa’ ha questo punto veramente forte: sequenze che restano sempre le stesse e che una volta interiorizzate non richiedono più che si “pensi” durante la pratica e invece ci si concentra totalmente sulla respirazione.

Trovo molto bello anche sperimentare il “lasciarsi andare all’ascolto del corpo”. Così è come piace praticare a me quando scelgo di non farmi condurre da una voce esterna. Salgo sul tappetino e dopo il momento di introspezione e di ascolto, permetto al corpo stesso di dirmi quello che desidera fare in quel preciso momento. Lascio che ad ogni asana segua la successiva non perché è stata ragionata ma perché è il corpo stesso che la richiede.

Trovo questo lavoro molto profondo e che spinge ad una conoscenza di se stessi e del proprio corpo estremamente gratificante. Perché la realtà è che ad un livello più profondo di quello della coscienza razionale, esiste un’intelligenza che sa e conosce esattamente cosa è giusto per noi, in ogni momento. Saper ascoltare questa voce, rispettarla e viverla, ha veramente il grande potere di cambiare radicalmente la nostra vita e il rapporto con essa e noi stessi.

In qualunque maniera tu decida di praticare, ricordati sempre di:

Rispettare sempre il tuo corpo e amare anche i suoi limiti – fermandoti se necessario o trovando degli accorgimenti che rendano la posizione più adatta alle tue esigenze.

Tenere sempre una respirazione profonda e consapevole. Quanto più durante la pratica ti ricordi di respirare, quanti più benefici stai ottenendo! Questa è la vera differenza tra una pratica yoga e una qualunque altra ginnastica.

Non dovresti MAI sentire dolore. Siamo sempre alla ricerca della sensazione del corpo, non del dolore. Se senti male, fai un passettino indietro, torna a respirare profondamente. Vedrai che il tuo corpo ti seguirà velocemente ripagando la tua pazienza.

 

Se vuoi praticare con me puoi seguire il mio canale YouTube, dove troverai tanti contenuti gratuiti sempre in aggiornamento. Oppure seguire uno dei pacchetti di lezioni complete (anche di introspezione, respirazione e pratica di rilassamento profondo guidato) che ho creato apposta per poterti aiutare con la tua pratica da casa.

 

Buonissima pratica!

Michela Aldeghi – ideatrice di vivoYOGA e E.Motion Artist, artista delle emozioni e dell’energia in movimento.
Studentessa e insegnante di yoga e meditazione, curiosa esploratrice e instancabile viaggiatrice.

 vivo YOGA
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Quando ci si può considerare “avanzati” nello yoga, quindi non più dei principianti?

Ovviamente quando si conoscono i nomi in sanscrito delle asana, le sequenze dei saluti al sole a memoria e si è capaci di portarsi il piede dietro la testa (meglio se entrambi) e di fluttuare da una posizione all’altra passando sempre da un handstand.

E’ vero?!

This is not, of course 🙂

Se così fosse, i ballerini o i ginnasti sarebbero i migliori yogis al mondo!

Se saper stare in equilibrio sulle mani non fa di me uno studente avanzato, allora cosa fa la differenza?

Uno dei messaggi più difficili da far comprendere a chi inizia a frequentare le lezioni di yoga è l’importanza dell’ascolto e del rispetto di se stessi e del proprio corpo durante la pratica.

L’idea che lo scopo dello yoga sia di dover raggiungere la posizione finale spesso si insinua nella mente del praticante diventando un ostacolo lungo il percorso.
Ma come tutti gli ostacoli, anche quest’idea può diventare nostra maestra e insegnante.

Oggi che siamo nell’era dei social, dell’apparenza e dell’immagine, è ancora più facile che il tappetino yoga diventi il luogo dove tornano a galla le nostre insicurezze, spesso con radici nella nostra infanzia, che ci spingono inconsciamente a dover dimostrare di essere bravi abbastanza o anche migliori degli altri. Per far questo siamo disposti ad esasperare la posizione pur di dimostrare che non siamo da meno o semplicemente per poter dire: “ecco, ce l’ho fatta anch’io!”

Ci confrontiamo con le altre persone nella stanza – o sui social – ma in realtà la vera battaglia è con noi stessi e divenirne consapevoli è il primo passo, perché la pratica dello yoga è anche e soprattutto un cambiamento interiore ed uno studente “avanzato” è colui che inizia a sperimentare questo cambiamento, da fuori a dentro.’

L’obiettivo dello yoga infatti non è mai la meta, ma il viaggio in sé.

Perciò, da cosa si riconosce uno yogi “avanzato”?

  1. Rispetta il suo corpo nel momento presente

Uno yogi ha imparato ad ascoltare e riconoscere i bisogni del proprio corpo, consapevole che ogni giorno è diverso essendo soggetto a più fattori, sia emotivi che fisici. Può essere che ieri arrivava a toccarsi la punta dei piedi e oggi arriva con le mani alle ginocchia.. lo yogi è in pace con questo e si gode il semplice fatto di allungarsi, a prescindere da dove arrivano le sue mani 🙂

  1. La sua attenzione durante le asana va al respiro

Lo yoga è una pratica di consapevolezza e la prima attenzione va al nostro respiro. Per questo durante la pratica, il primo intento dello yogi è quello di tenere l’attenzione quanto più a lungo nella respirazione, lasciando che sia lei a guidare il movimento. Ogni volta che si accorge che non sta respirando, semplicemente ne prende atto e ritorna con la consapevolezza nel respiro e nel corpo.

  1. Si confronta solo con se stesso

Il viaggio attraverso cui lo yoga ci accompagna rimane sempre soggettivo, dipende dal punto di partenza, dalle proprie esperienze passate, dalle ragioni che ci hanno spinto in primo luogo a salire sul tappetino. Per questo lo yogi non si confronta con gli altri, perché è consapevole che ognuno ha un’esperienza interiore diversa. Semmai, lascia che gli altri siano un’ispirazione!

  1. Si gode il viaggio

Lo yoga è un viaggio che dura tutta la vita, ogni pratica ci porta sempre più profondamente a scoprire noi stessi, rivelandoci chi siamo nel corpo e nella mente. Non esiste punto d’arrivo, è una costante evoluzione e cambiamento. Per questo lo yogi ha imparato a godersi il viaggio, scoprendo in esso la vera essenza della pratica.

  1. Ama se stesso

L’amore per se stessi non è argomento facile, al mondo d’oggi viene spesso scambiato per egoismo. Bisognerebbe prima amare gli altri, giusto?
Lo yoga porta poco a poco a riscoprire un genuino amore per se stessi, per chi si è, a prescindere dalle cose che si fanno, da come si appare, dagli obiettivi raggiunti o dalle proprie capacità. Lo yoga ci fa fare pace con noi stessi, ci mostra buio e luce dentro di noi e con la pratica costante, ci dona la capacità del perdono e dell’accettazione.

Uno yogi avanzato si riconosce perché ha imparato a rispettare i propri limiti, a celebrare i propri successi e a godersi il viaggio della vita in compagnia innanzitutto di se stesso.

E tu sei d’accordo? Hai iniziato a sperimentare qualcuno di questi cambiamenti? O magari degli altri? Fammi sapere!

Enjoy your journey.

Namastè

 

Michela Aldeghi – ideatrice di vivoYOGA e E.Motion Artist, artista delle emozioni e dell’energia in movimento.
Studentessa e insegnante di yoga e meditazione, curiosa esploratrice e instancabile viaggiatrice.

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