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“Quando viaggi verso un luogo lontano, lungo la strada superi molte pietre miliari. Anche se esse non fossero là, tu raggiungeresti ugualmente la tua destinazione. Ma le pietre miliari ti danno una conferma e ti mostrano che stai andando nella direzione giusta. Quando fai japa le perle sono le pietre miliari e la mala è la strada. Strada e pietre sono essenziali per assicurare che tu raggiunga la tua destinazione psichica. Le perle mantengono attiva la consapevolezza e mantengono il sistema psichico sotto controllo.”  

Swami Sivananda Saraswati

 

Il Japamala è una ghirlanda composta da 108 pietre o grani, chiusa da un grano più grande, detto Meru o Sumeru. Il loro nome deriva dal sanscrito, ove Japa significa ‘’mormorare’’ e Mala “ghirlanda”: ‘’la ghirlanda usata per sussurrare preghiere’’.

La loro origine è antichissima, tanto che i Japamala sono presenti nelle religioni buddista ed indù che risalgono a circa 6000 anni di storia, mentre la recitazione del mantra arriva sin dalla tradizione vedica precedente a Buddha. 

Anche la parola mantra deriva dal sanscrito e si compone di man, che significa “mente, pensiero, atto del pensare, intelletto, respiro, anima vivente” e la sillaba tra, che significa “che libera, che compie, che agisce, che protegge”. Il mantra rappresenta quindi una formula che libera la mente, uno strumento che libera il pensiero.

A livello pratico i mantra sono rappresentati da una serie di parole che pronunciate ripetutamente, correttamente e con la giusta intenzione mentale, hanno il potere di donare un beneficio alla nostra mente ed alla nostra vita.

A livello pratico il parallelismo con la cultura cristiana è presto fatto: la recitazione del rosario. In uno studio pubblicato il 22 Dicembre 2001 sul British Medical Journal (condotto da Luciano Bernardi, professore associato di medicina interna dell’Università di Pavia, i colleghi del John Radcliffe Hospital di Oxford e dell’Ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze) è stato dimostrato che gli effetti della recitazione dei mantra durante la meditazione e dell’Ave Maria durante il rosario si equiparano: si riduce e si regolarizza il ritmo del respiro fino a sei cicli al minuto, inducendo un effetto benefico anche sulla frequenza cardiaca. Addirittura gli scienziati coinvolti in questo studio ipotizzano che la nascita e l’utilizzo dei mantra e delle preghiere non abbia avuto solo uno scopo spirituale, bensì siano stati introdotti nella quotidianità come validi esercizi per rallentare la respirazione, aumentare la concentrazione, sincronizzare i ritmi dell’organismo e indurre uno stato di calma e di benessere generale.

Secondo la tradizione il Japamala si indossa al collo e/o al polso sinistro. Nella meditazione si usa nella mano destra passando i grani tra il pollice e il dito medio mentre si recita o sussurra il mantra prescelto per la propria meditazione. Non si dovrebbe utilizzare il dito indice, simbolo dell’ego, né il mignolo, simbolo di inerzia e pigrizia.

Con la mano destra si muove il Japamala in senso orario e quando si raggiunge il Meru se si vuole continuare a recitare si parte nuovamente con l’ultima pietra, la 108, e si torna indietro in senso antiorario.Il Meru non andrebbe mai oltrepassato e quando sgranando lo raggiungiamo, la mente è invitata a ritornare alla sua piena presenza ed alla completa consapevolezza. Ad ogni singola ripetizione l’azione delle dita che scorrono i grani aiuta a non perdersi nell’inconsapevolezza, nell’automatismo, ed il Japamala diviene così uno strumento prezioso per la mente.

Il significato del numero 108

Non è un caso che i Japamala siano composti da 108 perle, tanto che tale numero è considerato sacro in svariate religioni, tra cui l’Induismo, il Buddhismo, il Sikhismo ed il Giainismo.

Se analizziamo il numero 108 a livello simbolico, scomponendo le cifre scopriamo che l’1, detto bindu, è il punto dal quale inizia la creazione e si sviluppa la molteplicità; lo 0, ossia sunyata, è il vuoto, la vacuità quello stato da raggiungere se ci si vuole liberare dal Samsara (ciclo perenne del divenire); mentre l’ 8, ananta, è l’infinito, il senza fine.

Ma non solo, il numero 108 compare nelle varie tradizioni innumerevoli volte:

  • Secondo i Veda, quando l’universo fu creato, il Creatore stabilì 108 divinità per gestirlo. In seguito, nella mitologia, gli dei e le dee avevano tutti 108 nomi. Ripetere questi nomi, mentre si sgranano i 108 grani del rosario, è un rito cerimoniale sacro (namajapa);
  • Il Rig-Veda ha 10.800 versetti.
  • Nello Śrīmad Bhāgavatam, Krishna è descritto mentre balla con 108 Gopi (pastorelle) nella città di Vrindavana, per poi sposare 16.108 mogli nella città di Dvaraka.
  • Nello Śivaismo, Shiva Nataraja è raffigurato mentre esegue la sua danza cosmica in 108 karana (pose).
  • È il numero dei peccati nel Buddhismo tibetano e di bugie che gli uomini possono dire.
  • I libri sacri tibetani del Khagiur sono 108 volumi.
  • È il numero delle stelle considerate sacre nell’astrologia cinese: 36 stelle benefiche e 72 stelle malefiche, il bene e il male in diverse forme.
  • In Giappone, alla fine dell’anno, una campana è suonata 108 volte per salutare il nuovo anno. Ciascun rintocco rappresenta una delle 108 tentazioni materiali cui una persona deve resistere per raggiungere il Nirvana, allo stesso modo del Buddha.
  • È il numero dell’al-Kawthar, il più corto tra i Sura del Corano.
  • Ci sono 108 linee di energia, o nadi, che convergono a formare che formano il chakra del cuore.
  • 108 è un numero “Harshad”, significa che è un numero divisibile per le sue cifre. Harshad significa “grande gioia” in sanscrito.
  • Il diametro del Sole è 108 volte il diametro della Terra.
  • La distanza tra il Sole e la Terra è 108 volte il diametro del Sole.
  • La distanza media della Luna dalla Terra è 108 volte il diametro della Luna.
  • In astrologia, l’argento metallico si dice che rappresenti la luna. Il peso atomico dell’argento è 108.
  • Il numero 108 simboleggia l’unione di Siva e Shakti: la Creazione del Mondo.

Come se non bastasse lo ritroviamo anche nella mitologia greca, dove erano 108 i pretendenti di Penelope mentre attendeva il ritorno di Ulisse, nell’Odissea di Omero. 

Benché l’elenco sia lungo, e potrebbe proseguire, qual’è il senso pratico di ripetere un mantra 108 volte? Portare nella nostra pratica il numero 108 aiuta a riconnetterci con la natura ed il cosmo, riequilibrando le energie e lasciando entrare un senso di pace, armonia e serenità dato dalla potenza delle ritualità che hanno radici antichissime. 

I materiali

Possiamo trovare in vendita i Japamala realizzati nei più svariati materiali. Tra i più frequenti troviamo semi, osso, legno e pietre dure. 

Quest’ultime ricoprono per me un posto d’onore, in quanto unire la potenza meditativa del Japamala alle vibrazioni dei cristalli fa si che possiamo beneficiare di due effetti in uno: non solo avremo a nostro favore il risultato della meditazione, ma anche quando non staremo meditando le pietre proseguiranno il loro lavoro, lasciando che le loro vibrazioni si equilibrino alle nostre. 

Indossando Japamala realizzati con le pietre potremo andare ad intensificare la potenza del messaggio che andiamo a ricercare con la nostra meditazione. 

Le pietre hanno un potente effetto curativo, in grado di arrivare nel profondo di noi stessi e lavorare sulle nostre vibrazioni sottili. Ancor di più, quando noi utilizziamo queste pietre durante la meditazione le stiamo caricando di energia, di intenzioni e di buoni intenti: questo renderà il nostro Japamala un oggetto di grande valore, oltre ad essere il nostro fedele compagno lungo la strada del benessere. 

Come scegliere il proprio Japamala

Consiglio sempre che sia l’istinto a guidarci nella scelta del nostro Japamala: diventando un vero e proprio oggetto di cura, è necessario lasciare esprimere i nostri bisogni più profondi, guardarci dentro, e permettere a quelle parti più deboli di essere rafforzate dalle vibrazioni dei cristalli. Proprio per questo è giusto ricordare che potrà essere che in momenti differenti delle nostra vita, risuonino di più alcune pietre rispetto ad altre o, addirittura, che in certi momenti sarà meglio non indossare alcune pietre.

Ad esempio, se sto attraversando un periodo di forte emotività e apertura, indossare una pietra che rafforza il mio chakra del cuore e l’espressione dei sentimenti potrebbe creare uno squilibrio verso un’eccessiva emotività. Al contrario potrò decidere come andare ad utilizzare questa emotività: esprimendola correttamente con l’aiuto di pietre che stimolano la comunicazione, incanalandola verso attività spirituali, oppure lasciando che questa emozioni mi aiutino a far pace con le mie radici, e così via… starà a noi sintonizzarci con le energie del qui ed ora e comprendere cosa realmente possa esserci d’aiuto.

Allo stesso modo tenderemo a non utilizzare sempre lo stesso mantra, ma lasciare che le esigenze della vita, e del momento specifico, ci indirizzino verso quello più indicato allo scopo che desideriamo raggiungere. 

Come iniziare: crea il tuo rituale!

Prenditi qualche giorno per ascoltarti durante la quotidianità: osserva le emozioni che prevalgono, i pensieri che ricorrono, le difficoltà che ti mettono particolarmente in crisi.

Una volta che sarai riuscito ad osservarti sinceramente, senza giudizio, verrà semplice comprendere quale aspetto ha più bisogno del tuo aiuto in questo momento.

Lasciati guidare dall’istinto, oppure chiedi quale sia la pietra più indicata per il lavoro che desideri fare, ed acquista il tuo personale Japamala. Ricordati di pulirlo e purificarlo prima di indossarlo, ripetendo la pulizia ogni tanto, e a questo punto sei pronto per iniziare il tuo rituale meditativo!

Come?

  1. Mi creo uno spazio accogliente, il più comodo possibile. Mi aiuto con tutto ciò che più amo, come cuscini, coperta, tisana, profumi. Rifletto su cosa amo avere intorno e me lo concedo.
  2. Riconosco il mio valore, accetto finalmente l’idea di essere importante e mi concedo del sano egoismo. Mi ricordo che se non sono in grado di voler bene a me stesso, non potrò mai voler bene del tutto agli altri.
  3. Sapendomi veramente importante, mi concedo ogni giorno almeno 5 minuti che siano esclusivamente per me. Se mi facilita scelgo lo stesso orario, oppure metto un promemoria, sapendo che entro fine giornata dovrò compiere la mia coccola.
  4. Smetto di ascoltare le scuse, i sensi di colpa, l’idea che gli altri debbano venire sempre prima di me
  5. Provo a segnarmi tutte le cose positive che sento e che si verificano intorno a me da quando inizi il mio rituale. Mi servirà rileggerle quando la motivazione verrà a meno.
  6. Smetto di essere severo con me stesso, non mi giudico e non pretendo troppo. La routine verrà da sé poco per volta, anche se sgarri non succede nulla di male e accetto il tempo che ci vuole. All’inizio la meditazione potrà durare anche solo un istante, per poi dilatarsi nel tempo senza alcuna fretta.
  7. Rifletto su quale sia lo scopo del mio rituale, focalizzandomi su qualcosa che sia veramente speciale. Senza la giusta motivazione nulla ha senso d’esistere!

 

Silvia Lorenzini – detta Sisa. Laureata in Tecniche della Riabilitazione Psichiatrica, insegnante yoga e incurabile appassionata di tutto ciò che mi fa vibrare il corazón!
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