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Quando siamo sul nostro tappetino yoga ed eseguiamo le nostre asana, spesso la nostra attenzione si sposta sul tentativo di ricreare attraverso il nostro corpo l’immagine della posizione che vogliamo fare.

Cosa voglio dire con questo?

Se ad esempio l’asana su cui sto lavorando è pashimottanasana (la pinza) e quindi la mia intenzione è quella di allungarmi in avanti sulle mie gambe stese, appena mi approccio alla posizione cercherò di portare subito la fronte alle gambe. Perché l’ho visto fare dal mio insegnante, perché l’ho visto su instagram, perché il compagno di tappetino fa così, ecc.

Nella mia testa ho l’immagine della posizione “finale” ed il mio obiettivo è quello di riprodurre quell’immagine.

Ma questo è fare yoga?

In realtà, quello che ho potuto scoprire io stessa con la mia pratica, è che se mi concentro sull’immagine che voglio riprodurre sto “scavalcando”, perdendomi i benefici della posizione, il viaggio di scoperta che invece l’asana stessa è in grado di farmi vivere.

Sempre per tornare all’esempio iniziale, se sto lavorando sulla posizione della pinza e voglio piegarmi in avanti, il mio obiettivo non dovrebbe essere quello di portarmi la fronte alle gambe, ma riscoprire maggiore flessibilità, estensione, apertura e quindi libertà in tutta la parte posteriore del mio corpo. Che io sia con la testa che arriva addirittura oltre le mie ginocchia o che io sia nella variante più semplificata con le gambe piegate e un supporto sotto il bacino, il risultato ed i benefici che quell’asana mi sta donando non cambiano.

Qualunque variante della posizione, è già la posizione!

Quando il mio approccio all’esecuzione alle asana è cambiato, ed ho iniziato a vivere la pratica con la curiosità di scoprire quello che ogni posizione poteva insegnarmi, l’intero rapporto con lo yoga, il mio corpo e in generale con me stessa, si è completamente trasformato.

Sono passata dal fare una performance sul tappetino, volendo dimostrare chissà cosa, a scoprire e vivere un viaggio di scoperta e ascolto di me stessa e del mio corpo che ha reso la mia pratica ricca di significato. Ho scoperto infatti nel mio corpo uno strumento potente, un incredibile maestro e veicolo di consapevolezza, a molteplici livelli.

Che cosa ho iniziato ad imparare grazie a questo nuovo approccio?

Innanzitutto che il corpo è diverso ogni giorno, ogni momento. Ieri arrivavo con la fronte alle ginocchia, oggi sono più bloccato alla zona del bacino, oppure più corto a livello di muscoli delle gambe, o ancora più contratto alla zona cervicale. Tutte ragioni per cui il mio allungamento ne risente. Questo cambia qualcosa nella mia pratica?

Sì, perché prenderò accorgimenti nell’esecuzione delle mie posizioni che rispettino la situazione attuale, proteggendomi così anche da eventuali infortuni.

No, perché i benefici che ottengo sono esattamente gli stessi! E anzi, la mia asana mio aiuterà nello sblocco di quelle parti in tensione.

Quando invece sto vivendo ancora la mia pratica yoga come una performance cosa accade?

Che non accetto il fatto che il mio corpo sia diverso e lo forzerò ad ottenere lo stesso risultato del giorno precedente, rischiando anche un infortunio, vivendo ad un livello emotivo la frustrazione e non riuscendo a guidare bene il respiro nel corpo – cosa che mi causerà più tensione che benefici.

La cosa interessante è che, imparando ad ascoltarsi, ci possiamo anche accorgere che le ragioni per cui il corpo è sempre diverso possono dipendere da motivazioni differenti.

A volte il cambiamento è una diretta conseguenza di qualcosa che ho fatto con il corpo. Ad esempio, se il giorno prima ho camminato tutto il giorno in montagna, è normale che poi abbia i muscoli un pò più corti.

Altre volte il cambiamento del corpo dipende da fattori emotivi e mentali. Ad esempio, se siamo in tensioni per qualcosa che ci sta preoccupando, molto facilmente non sto riuscendo a guidare bene il respiro nel petto, l’area del torace sarà più chiusa con conseguente maggiore tensione all’area cervicale.

E’ interessante poter ascoltare il nostro corpo e scoprire come lui ci sta sempre dando una visione chiara e realistica di ciò che sta accadendo nel nostro mondo interiore. Interrogandoci e scoprendoci attraverso le asana abbiamo la possibilità di imparare a conoscerci e poter quindi poi aiutare noi stessi con quegli accorgimenti che ci permetteranno di lavorare ad un livello più profondo rispetto al solo involucro fisico.

La pratica fisica dello yoga diventa così un vero e proprio viaggio di scoperta di noi stessi.

Che altro è cambiato nella mia pratica grazie a questo nuovo approccio?

Incredibilmente (ma in realtà non c’è da stupirsi) ho iniziato ad avere accesso a posizioni che avevo sempre considerato impossibili per me. Improvvisamente il corpo ha iniziato ad aprirsi più facilmente e velocemente, diventando più flessibile, morbido e forte. Senza stare a desiderare di arrivare da nessuna parte, ma concentrandomi invece sui bisogni del mio corpo e donando lui quello di cui aveva bisogno, lui mi ha ripagata rendendo possibile l’impossibile.

L’importante è – ovunque io sia lungo il mio percorso – godermi il percorso. Perché la meta è il viaggio stesso.
Buonissima pratica.

Namastè

 

Michela Aldeghi – ideatrice di vivoYOGA e E.Motion Artist, artista delle emozioni e dell’energia in movimento.
Studentessa e insegnante di yoga e meditazione, curiosa esploratrice e instancabile viaggiatrice.

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